C’è fermento per il via libera dato all’accelerazione dell’approvazione della legge “mai più bimbi in carcere”, attesa da anni.
Oggi in Italia vivono in regime detentivo 16 donne e 19 bambini (come sottolineato nell’ultimo rapporto di Antigone) e la maggior parte di loro risiede negli Istituti di custodia attenuata per detenute madri (Icam), strutture nate con la legge 62 del 2011 che, almeno nelle intenzioni, avrebbe dovuto garantire ai minori fino ai sei anni la convivenza con la madre in spazi lontani dal carcere. Gli Icam sorgono addirittura all’interno del carcere ed è impossibile per i bambini, che si muovono a due passi dalle altre celle e devono oltrepassare i cancelli per andare a scuola, non respirare l’aria del penitenziario. E’ oramai provato che i bambini che crescono in carcere ricevano danni profondi sul piano dello sviluppo psicofisico, dai problemi nella deambulazione (visto che sono abituati a muoversi dentro spazi ristretti), a ritardi nell’articolazione della parola, ad una serie di difficoltà nello sviluppo delle relazioni con gli altri, nella socializzazione, fino all’attaccamento morboso alla madre per poi subire il trauma ulteriore e profondissimo del distacco improvviso da essa, quando raggiungono i limiti di età previsti dalla legge.
Un’alternativa esiste ed è rappresentata dalle case famiglia protette, edifici riconvertiti per ospitare le mamme e i loro figli in un contesto che con la prigione non ha nulla a che vedere. Oggi ne esistono due, una a Roma e l’altra a Milano.
L’onorevole Paolo Siani, pediatra napoletano, da anni si batte per mettere fine a questa violenza compiuta sui bambini e afferma a gran voce che se la nuova norma avesse anche l’approvazione del Senato, le mamme che hanno con sé un bambino fino a 6 anni sarebbero collocate in case famiglia protette, “dove il bambino non ha alcuna percezione di vivere in un carcere, può crescere meglio e avere migliori rapporti con la sua mamma, che è sicuramente più serena e più pronta anche a cambiare e a redimersi“
Inoltre, Siani sostiene che “lo sviluppo del cervello di un bimbo è più veloce nei primi due anni di vita e molto influenzato dall’ambiente in cui vive. E sarà influenzato in maniera positiva se l’ambiente è stimolante, mentre se cresce in un carcere il suo cervello avrà solo effetti tossici”.
Attendiamo che la proposta venga definitivamente approvata, per evitare di commettere un’ingiustizia nei confronti di bambini innocenti che hanno diritto a vivere un’infanzia il più possibile serena e senza traumi, pur non avendo avuto la fortuna di crescere in un ambiente familiare genuino.