Nell’ultimo mezzo secolo le democrazie occidentali hanno visto aumentare notevolmente l’instabilità politica, che si manifesta con cambiamenti frequenti di partiti al governo e anche dei loro programmi, guidata in parte da trasformazione economica e disagio.Il nostro umore è, ovviamente, condizionato da tutto quello che accade nell’ambiente in cui viviamo e nella misura in cui la politica rappresenta la res publica, l’instabilità politica si traduce anche in instabilità emotiva. Sembrerebbe un’associazione assurda ma basti pensare che spesso le crisi politiche si traducono in un aumento dei costi dei salari o dei beni primari per farci subito comprendere come le due realtà siano più connesse di quel che si crede.
Ansia generata da instabilità economica
In un clima positivo non si generano preoccupazioni ma in un momento storico come quello che stiamo vivendo o come tanti altri in passato quanti hanno dovuto far i conti e si sono – giustamente – fatti prendere dall’ansia anche di non poter arrivare a fine mese a causa di uno stipendio sempre uguale e di prezzi di luce, gas e beni primari più che raddoppiati?
Nei casi più estremi il risultato dell’instabilità politica può sfociare proprio in conflitti armati come la guerra tra Russia e Ucraina generando conseguenze disastrose a tutti livelli: perdite di vite umane, cali demografici, peggioramento del benessere psico-sociale, oltre che gravi perdite in campo economico.
David Brady nel 2016 mostrò la correlazione tra la crescente instabilità politica e il calo della performance economica, mettendo in evidenza che i Paesi con una performance economica inferiore alla media hanno sperimentato una volatilità elettorale più elevata. Questa instabilità si traduce in un calo della quota di occupazione industriale o di produzione nei Paesi avanzati che a sua volta sfocia in problematiche che toccano da vicino il singolo come quelle sopra elencate.
In passato, nel periodo del boom economico che seguì il dopoguerra, ci si poteva aspettare di guadagnare decentemente, sostenendo una famiglia, e contribuire in modo visibile alla prosperità generale del Paese. Essere spostati nel settore dei servizi non-commerciabili, con reddito più basso e meno sicurezza del lavoro, ha indotto molti a perdere la stima di sé, oltre che a promuovere il risentimento verso il sistema che porta il cambiamento.
Un altro fattore che tende a causare tanta preoccupazione è l’avanzare rapido della tecnologia alimentata dalla globalizzazione. Sono in tanti a opinare che le potenze economiche stiano agendo senza il controllo delle strutture di governance esistenti, isolate da interventi di politica. E, in alcuni casi non hanno torto.
Questo genera una perdita di fiducia nelle motivazioni, capacità e competenza del governo. Sentimenti che si traducono in astensionismo al momento delle elezioni politiche.
Sfiducia nei governi e disuguaglianze
Il clima di sfiducia che l’instabilità politica genera è aggravato da un riconoscimento della complessità della sfida di mantenere incentivi e dinamismo facendo fronte a problematiche quali la crescente disuguaglianza (che, nei casi più estremi, mina l’uguaglianza di opportunità e la mobilità intergenerazionale).Ne derivano risultati sempre più disuguali, una frammentazione di interessi in tutto l’elettorato che si trasformano in instabilità nel voto, paralisi politica e cambio frequente dei mandati generando ripercussioni economiche negative. L’incertezza indotta dalla politica è spesso il principale ostacolo agli investimenti. La mancanza di consenso in merito a un programma per ripristinare la crescita, ridurre la disoccupazione, ristabilire un modello di inclusione e mantenere i benefici di interconnessione globale ovviamente sono tutti fattori che non possono non condizionare il nostro benessere psico-sociale.