Cosa sono i trigger in psicologia e come possono influenzare il nostro benessere emotivo? In questo articolo cercheremo di spiegare cos’è l’effetto trigger, quali sono le sue cause e le sue conseguenze, e come si può intervenire per prevenirlo o gestirlo.
Cos’è l’effetto trigger in psicologia
L’effetto trigger è un fenomeno psicologico che si verifica quando uno stimolo esterno, anche apparentemente innocuo, riporta alla mente un evento traumatico vissuto in passato, provocando una forte reazione emotiva e fisica. Il termine trigger, che in inglese significa grilletto, indica appunto il fattore scatenante che fa esplodere il ricordo doloroso, come se fosse un colpo di pistola.
L’effetto trigger è tipico di chi soffre di disturbo da stress post-traumatico (PTSD), una condizione che si manifesta dopo aver subito o assistito a un’esperienza estremamente negativa, come una violenza, un abuso, un incidente, una guerra, una catastrofe naturale, ecc. Chi ha il PTSD vive in uno stato di continua allerta e ansia, e ha difficoltà a elaborare e integrare il trauma nella propria memoria. Di conseguenza, il trauma rimane attivo e può essere riattivato da qualsiasi elemento che lo richiami, anche in modo indiretto o simbolico.
Quali sono gli stimoli trigger
Gli stimoli trigger, legati al PTSD, possono assumere molteplici forme, a seconda del trauma subito e della sensibilità individuale. Tra questi, possono esserci elementi sensoriali, come odori, suoni, immagini, sapori e sensazioni tattili che evocano il trauma. Allo stesso modo, possono essere situazionali, legati a luoghi, persone, oggetti, date o eventi associati al trauma. Non da meno, anche gli stati emotivi, pensieri e sentimenti, così come parole, frasi, concetti e idee, possono rievocare il trauma vissuto. Questi stimoli possono essere presenti in ogni angolo della vita quotidiana, nei media e sui social, rendendo chi vive l’effetto trigger particolarmente vulnerabile e spesso incline all’isolamento o all’evitamento di situazioni potenzialmente pericolose.
L’effetto trigger scatena nel cervello e nel corpo una risposta di lotta o fuga, preparandoli a fronteggiare il pericolo percepito. Le reazioni a questi stimoli possono essere fisiche, come un aumento della frequenza cardiaca, della pressione sanguigna, della respirazione, della sudorazione e della tensione muscolare. Le risposte emotive possono variare tra paura, panico, rabbia, tristezza, vergogna, colpa e un senso di impotenza.
Dal punto di vista cognitivo, l’effetto trigger può provocare flashback, facendo rivivere vividamente e involontariamente il trauma, come se si stesse nuovamente sperimentando. Questo può portare a pensieri negativi e catastrofici, difficoltà di concentrazione e di memoria, confusione, disorientamento e persino dissociazione, ovvero una perdita di contatto con la realtà e con se stessi.
Infine, le reazioni comportamentali possono manifestarsi attraverso l’evitamento delle situazioni trigger, ipervigilanza e sospettosità, comportamenti aggressivi o di ritiro sociale, abuso di sostanze o di comportamenti compulsivi, nonché alterazioni del sonno e dell’alimentazione.
Come affrontare l’effetto trigger
L’effetto trigger può essere molto invalidante e compromettere la qualità della vita di chi ne soffre. Per questo motivo, è importante cercare un aiuto professionale, come uno psicologo o uno psicoterapeuta, che possa offrire un sostegno adeguato e una terapia specifica per il PTSD. Tra le terapie più efficaci per il PTSD, spiccano alcune pratiche specifiche. La terapia cognitivo-comportamentale, ad esempio, si propone di modificare quei pensieri e comportamenti disfunzionali legati al trauma, offrendo al contempo strategie efficaci per gestire stress ed emozioni negative. Un altro metodo molto valido è la terapia di esposizione, che permette di affrontare in maniera progressiva e controllata gli stimoli scatenanti, con l’obiettivo di ridurre la loro carica emotiva e desensibilizzarli. Infine, c’è la terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) che, attraverso movimenti oculari guidati, facilita l’elaborazione e l’integrazione del trauma nella memoria, contribuendo alla riduzione della sua intensità e del suo impatto.
Oltre a queste terapie, ci sono anche diversi accorgimenti che possono essere utili per prevenire o gestire gli effetti scatenanti del PTSD. È importante, per esempio, riconoscere i propri trigger e le relative reazioni, monitorandoli attraverso la tenuta di un diario. Creare una rete di supporto sociale, formata da persone di fiducia con le quali condividere esperienze e sentimenti, è un altro passo fondamentale.
La pratica di tecniche di rilassamento come il respiro profondo, la meditazione, lo yoga, il training autogeno, può tranquillizzare il sistema nervoso e ridurre l’ansia. L’attività fisica regolare, inoltre, aiuta a scaricare le tensioni, migliorare l’umore e aumentare l’autostima.
È opportuno, inoltre, prestare attenzione al proprio stile di vita: una dieta equilibrata, un sonno adeguato e l’evitamento di alcol, droghe e caffeina possono fare la differenza. Infine, è utile cercare fonti di gratificazione e benessere, come dedicarsi a hobby, passioni, attività creative e vivere esperienze positive.
L’importanza di prendersi cura di sé
L’effetto trigger è un fenomeno complesso e delicato, che richiede una presa in carico professionale e personale. Chi ha subito un trauma non deve sentirsi solo o in colpa, ma deve cercare di comprendere e accettare le proprie emozioni, e di chiedere aiuto quando necessario. Prendersi cura di sé, del proprio corpo e della propria mente, è il primo passo per superare il trauma e ritrovare il proprio equilibrio e la propria serenità.
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