Analfabetismo emotivo, meglio conosciuto come “alessitimia“, ovvero quella condizione psichica che vede l’individuo che ne è affetto impossibilitato per via di difficoltà specifiche ad accedere al proprio mondo emotivo identificando le emozioni, sia negli altri, sia in se stessi.
Si tratta, in particolare, di un vero e proprio “modo di essere” relativo a disagi psicofisici e non di una patologia specifica, per la quale però, sono in corso moltissimi studi al fine di trovarne le cause per poter aiutare chi ne soffre.
Entrando più nel dettaglio, le persone alessitimiche sono incapaci di riconoscere le emozioni e risultano impossibilitate, in virtù di questo, ad esprimere i propri sentimenti, percependo le emozioni, senza però riuscire, di fatto, a dare forma e colore a quello che provano.
Spesso, le persone alessitimiche, oltre ad accusare difficoltà nel riconoscere e descrivere le emozioni, hanno scoppi improvvisi di rabbia o paura, ma non solo. È facile riconoscere queste persone perché spesso prive di immaginazione e incapaci anche di sviluppare processi onirici. Inoltre, le persone alessitimiche sono contraddistinte da un pensiero molto razionale con una scarsa capacità di entrare in contatto con sé stessi, oltre che con gli altri. Queste ultime tenderanno infatti a concentrarsi prettamente su tutto quello che è esterno alla realtà psichica.
In moltissimi casi questo tipo di disturbo impatta su molte altre problematiche legate ad altre patologie, come ad esempio la maggiore probabilità di sviluppare dipendenze o disturbi legati all’ansia, ma anche disturbi alimentari o depressione, proprio per via dell’incapacità di affrontare un percorso introspettivo e di relazionarsi agli altri. Le cause sono da ricondurre ai rapporti con le figure di riferimento legate al periodo dell’infanzia.
Per valutare o diagnosticare questa problematica vengono utilizzati diversi test, uno dei più conosciuti è il Toronto Alexythymia Scale, una scala psicometrica di autovalutazione con 20 domande capaci di indagare sulla presenza delle tre caratteristiche più comuni ritenute alla base del disturbo. La cura, in caso di positività al test, prevede un percorso che porti il paziente ad affrontare una vera e propria rieducazione emotiva tramite l’ausilio di uno psicoterapeuta. Tra le tipologie di psicoterapia consigliate c’è quella cognitivo -comportamentale, ma anche quella basata sulla mentalizzazione. Entrambe sono capaci di attivare processi utili a “alfabetizzare” le emozioni di un individuo. Si tratta di un percorso lungo, per il quale è richiesta molta pazienza.