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Sindrome della rassegnazione: analisi e approcci terapeutici

La sindrome della rassegnazione è una silenziosa piaga sociale che affligge soprattutto i più giovani. Questo disturbo psicologico colpisce bambini e adolescenti immersi in contesti di estremo stress, come guerre, povertà o violenza. Di fronte a situazioni insostenibili, i minori reagiscono chiudendosi in se stessi: smarriscono la capacità di parlare, muoversi, nutrirsi e provare emozioni.

È una forma estrema di difesa psicologica, una resa totale in cui la vittima rinuncia passivamente alla vita. Una sorta di ‘morte dell’anima’, prima ancora che del corpo.

Le cause profonde vanno ricercate nell’istinto di sopravvivenza: di fronte a un dolore insopportabile, la mente sceglie l’annullamento come unica via di fuga. Ma le conseguenze sono drammatiche. Recuperare questi minori richiede un paziente lavoro psicoterapeutico per ridestare in loro la consapevolezza e riaccendere barlumi di speranza.

Solo un ambiente familiare amorevole e la fine dell’incubo quotidiano potranno restituire luce agli occhi spenti di questi bambini e adolescenti rassegnati. Una società davvero civile non può ignorare la loro silenziosa richiesta d’aiuto.

Cos’è la sindrome della rassegnazione

La sindrome della rassegnazione è un disturbo psicologico che si manifesta con una progressiva perdita di funzioni vitali, che porta il soggetto a uno stato di apatia, di mutismo e di immobilità. Il soggetto non risponde più agli stimoli ambientali, non comunica più con gli altri, non esprime più le proprie emozioni, non svolge più le proprie attività quotidiane, non mostra più alcun interesse per il mondo. Il soggetto sembra entrare in una sorta di coma psicogeno, in cui si stacca dalla realtà e si isola in un mondo interiore, in cui si sente al sicuro e protetto.

Quali sono le cause della sindrome della rassegnazione

L’origine della sindrome della rassegnazione rimane avvolta in un velo di mistero, con gli esperti che convergono sulla teoria di un intreccio di cause biologiche, psicologiche e sociali. Queste forze combinate sembrano condurre l’individuo in uno stato di stress cronico che appare insormontabile, lasciando trasparire un senso di impasse senza apparenti soluzioni.

Da un lato, abbiamo i fattori biologici come una possibile predisposizione genetica o anomalie neurologiche che influiscono sulla gestione delle emozioni e la reazione allo stress, incidendo sulla resilienza e sull’adattabilità dell’individuo. Dall’altro, emergono fattori psicologici: traumi passati o attuali conflitti interiori, mancanze emotive o frustrazioni continue che possono aver intaccato il percorso di sviluppo emotivo e cognitivo dell’individuo, scatenando sentimenti di paura, ansia, senso di impotenza, colpa, vergogna o ira.

Infine, non si può trascurare l’influenza dei fattori sociali, che spaziano dalle dinamiche familiari a quelle ambientali e culturali più ampie. La persona potrebbe essere stata esposta a violenza, abusi, persecuzioni, discriminazioni, emarginazione o isolamento, tutti elementi che possono erodere il senso di sicurezza, appartenenza, identità e speranza di un individuo.

Quali sono i sintomi della sindrome della rassegnazione

sindrome della rassegnazione

La sindrome della rassegnazione si snoda attraverso un cammino complesso che tocca diverse fasi, ognuna con i suoi sintomi e sfumature che incidono profondamente sull’individuo. Si inizia con la fase prodromica, dove emergono i primi segnali di disagio come ansia, depressione, irritabilità, disturbi del sonno, calo dell’appetito e ostacoli nell’apprendimento o nelle relazioni. È un periodo in cui il malessere bussa discretamente alle porte dell’essere, manifestandosi in svariate forme.

Prosegue poi con la fase di regressione. Qui, il soggetto sembra arretrare, perdendo progressivamente i propri punti di riferimento vitali: la parola si fa meno fluida, i movimenti si rarefanno, l’alimentazione e le emozioni si affievoliscono. L’individuo si ritira in un bozzolo, adottando posture rivelatrici di un bisogno di protezione, come la posizione fetale, o si mostra catatonico.

Segue la fase di stasi, un periodo di apparente immobilità emotiva e fisica. L’individuo si trova in uno stato di apatia profonda, un limbo in cui il mondo esterno sembra aver perso ogni capacità di evocare risposte. L’immagine che ne scaturisce è quella di un congelamento delle funzioni quotidiane, un silenzio che parla più di mille parole.

Infine, si assiste alla fase di recupero, che porta con sé la luce dell’alba dopo una notte oscura. Lentamente, il soggetto comincia a riacquistare le proprie capacità, a riscoprire la voce, a muoversi, a nutrirsi e a sentire. Come un inverno che cede il passo alla primavera, l’individuo si apre nuovamente al mondo, riallacciando i fili della comunicazione e rinnovando il proprio interesse verso la vita che lo circonda.

Ritrovare la voglia di vivere

La sindrome della rassegnazione è un disturbo che merita maggiore attenzione e comprensione. Chi ne soffre vive in uno stato di profondo sconforto e disinteresse per la propria esistenza. È una condizione che suscita spesso sgomento e impotenza in chi vi assiste.

Tuttavia, con empatia e sostegno, la rassegnazione può diventare occasione di riscatto e rinascita. Chi ne è affetto deve ritrovare la forza di reagire, riprendendo in mano la propria vita. Deve riscoprire i propri talenti e passioni, coltivare nuovi interessi, aprirsi a nuove relazioni.

La rinascita parte sempre da dentro. Bisogna ritrovare il senso profondo dell’esistenza, ristabilire un contatto autentico con se stessi e con la realtà. È un percorso delicato, che richiede pazienza e determinazione. Ma è possibile ritrovare la voglia di vivere e di crescere.

Con empatia, ma anche con fermezza, chi soffre di rassegnazione deve essere incoraggiato a riprendere in mano la propria esistenza. Deve capire di avere in sé le risorse per reagire. E tutti noi dobbiamo impegnarci per creare una società più accogliente e solidale, che non lasci indietro nessuno.

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