Vaso di Pandora

Salute mentale dei migranti in Italia, alcuni punti chiave

La salute mentale dei migranti che giungono nel nostro Paese passa, troppo spesso, in secondo piano. Naturalmente, ciò si deve al fatto che si dà priorità alle loro condizioni fisiche. Quando persone in condizioni tanto disperate sbarcano sulle nostre coste, anche nel caso in cui non ci siano stati problemi durante il viaggio e l’imbarcazione abbia raggiunto la riva intatta, è d’obbligo accertarsi che l’inaccettabile situazione in cui versavano non li abbia feriti o indeboliti in maniera pericolosa. In aggiunta a ciò, però, occorre considerare che la separazione dal loro mondo e dalla loro vita; la partenza; il tragitto; l’arrivo e le numerose incognite per il futuro in Europa riscuotono un obolo oneroso sulla salute mentale di queste persone. Anche questo aspetto deve essere verificato da chi li soccorra a terra, perché il benessere mentale non è meno importante di quello fisico.

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L’emigrazione come punto di rottura

Non esiste una storia di migrazione uguale all’altra. Ogni migrante che sceglie di partire lo fa all’interno di un vissuto differente, personale e insostituibile. È però possibile trovare punti in comune a tutte queste vicende. Si sceglie di separarsi da un contesto che, per quanto umile e difficile, rappresenta l’interezza del mondo conosciuto fino a quel momento. Lo si fa per inseguire il desiderio di trovare una vita migliore, più giusta e dignitosa. Non ci sono certezze che la si troverà e, comunque, prima di poterla avvicinare occorre affrontare un vero e proprio viaggio della speranza (a questo riguardo, consigliamo la visione dell’ottimo film Io, capitano di Matteo Garrone, che mostra bene tale aspetto). Una scelta di questo tipo provoca una rottura dell’equilibrio nella vita del migrante, il quale perde, in un attimo, ogni punto di riferimento.

Chi parte deve ripianificare il proprio progetto di vita dall’inizio, dalla definizione delle coordinate spaziali e temporali di dove si stabilirà. Non solo. Si trova anche in condizione di dover assorbire il colpo dovuto alla separazione dalla sua cerchia psico-affettiva originale. Questa si compone di tutti i legami creati, dall’infanzia in poi. La traiettoria percorsa da ogni migrante è tanto spaziale e geografica quanto mentale ed emotiva. Il primo impatto con la realtà italiana – o di qualunque altro Paese di prima accoglienza, noi parliamo di Italia perché il focus dell’approfondimento è il nostro Paese – può essere traumatico e colpire il migrante nel profondo. Per dirla con le parole dello scrittore algerino Abdelmalek Sayad, chi ha percorso chilometri in condizioni disumane si trova a varcare una soglia che gli causa una doppia assenza, passando dall’illusione dell’emigrazione alla sofferenza dell’immigrazione.

La salute mentale dei migranti risente del modo in cui vengono trattati

Salute mentale dei migranti: bambini in tenda
La salute mentale dei migranti risente dei traumi che provano durante il lungo e faticoso viaggio che li porta in Europa

L’immigrato conclude il suo viaggio in una condizione di fragilità spesso estrema. Come se ciò non bastasse, si trova anche ai margini della società. Quanto sbarcano nel nostro Paese, queste persone vivono nella solitudine, nell’indifferenza, nel sospetto, nel disprezzo e talvolta proprio nell’odio. Si sentono osservati, giudicati e fuori posto. Se hanno la fortuna di avere amici o conoscenti nel nostro Paese, o comunque in Europa, possono gestire meglio questa spiacevole situazione. Qualora così non fosse, la prima a risentirne sarebbe proprio la salute mentale dei migranti.

Solitudine, esclusione sociale, condizioni di lavoro troppo pesanti e assenza di una rete familiare di supporto creano un vero e proprio vuoto affettivo nell’immigrato. Così, egli finisce per estraniarsi da sé stesso e diventare uno straniero abitante nel proprio corpo. Non a caso, Tahar Ben Jelloun parla di estrema solitudine quando descrive la condizione dei migranti maghrebini in Francia. Non serve essere psicologi per comprendere con quanta facilità un processo psico-sociale di questo tipo, così duro e disumanizzante, possa creare tensioni e sofferenze, nonché sfociare in vere e proprie patologie.

Risolvere il trauma per risanare la salute mentale dei migranti

La continuità dell’identità sociale è un fattore protettivo molto forte per la salute e il benessere mentale di un essere umano. Quando un migrante la perde e, in aggiunta, si imbarca per un viaggio estenuante, lunghissimo e drammatico, nel quale si trova ad affrontare la malnutrizione; a convivere con malattie che non vengono curate; a sopportare soprusi e sfruttamento; a subire violenza e ad assistere alla morte dei suoi compagni d’avventura, la psiche gli chiederà poi il conto.

Generalmente, all’ingresso in Europa non viene effettuato alcun test sullo stato mentale del migrante. Tra le varie associazioni che si occupano di accoglienza, quella che più si è battuta per effettuare uno screening psicologico all’ingresso è stata Medici senza frontiere. Questa iniziativa, avallata dal Ministero della Sanità, ha dato modo a MSF di portare avanti dei test, a partire dal biennio 2014-2015, sui migranti accolti in Italia. Nel corso di questo screening, il 50% delle persone in ingresso ha mostrato segni di instabilità psichica (193 soggetti su 385 testati). Depressione e disturbi da stress post-traumatico erano particolarmente evidenti. L’autorizzazione a portare avanti esami simili non è stata rinnovata ogni anno. In aggiunta, non si è mai pensato di realizzare percorsi strutturati e multidisciplinari per assistere chi arriva come sarebbe necessario fare.

Per risanare la salute mentale dei migranti occorre risolvere i loro traumi e assisterli durante il percorso di recupero. Altrimenti sarà davvero difficile poterli inserire agevolmente nella nostra società, e si finirà per lasciare via libera alla frammentazione delle psicologie più deboli, generando dei mostri come quelli di cui ci parlano i telegiornali. È imperativo fare qualcosa per alleviare il disagio mentale di queste persone poiché i fattori di rischio psichico non si esauriscono alla prima generazione ma possono avere ripercussioni fino alla terza.

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