Sebbene le lettere siano ormai una reliquia del passato, dal momento che le mail le hanno ampiamente sostituite da tempo, mantengono ancora una potenza difficilmente eguagliabile. Mettere su carta emozioni forti, spesso addirittura fortissime, come amore, disperazione, odio o gratitudine è qualcosa che una stringa di dieci righe battute a tastiera, o un messaggio su WhatsApp, raramente potranno mai raggiungere. Una lettera conferisce un peso specifico diverso e un’importanza maggiore alle parole. Sa regalare autorevolezza a quanto vi sia scritto sopra. Qualcuno usa ancora inviare missive d’amore alla propria innamorata, o al proprio innamorato. Quasi nessuno, però, compone una lettera d’addio. Eppure, in virtù della loro grande forza, tali documenti sono uno strumento straordinario per elaborare un rituale del lutto oppure del dolore.
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L’importanza dei rituali
Sottovalutiamo continuamente l’importanza dei riti e della ritualità. Abbiamo grande necessità di questi espedienti, nella nostra vita. Il rituale incornicia quel che viviamo, donando anche alla meno significativa delle azioni una nuova importanza e un valore tangibile, concreto. Che sia d’amore o di dolore, ogni rituale rappresenta un appuntamento. Ripetendosi più volte, ci fissa in mente che quanto stia avvenendo va serbato e conservato nella memoria. Nel caso specifico della lettera, il rituale comincia nel momento in cui essa viene spedita. Ogni parola scritta resterà salda sulla pagina, pronta a farci emozionare ancora e ancora, tutte le volte che lo desidereremo. Ciò vale sia per una bella missiva, come quelle d’amore, sia per una più distaccata, di abbandono o di addio. I sentimenti negativi, infatti, non vanno rimossi, o si correrebbe il rischio di cancellare ogni frammento psichico legato a quella esperienza, bei ricordi inclusi.
La nostra psiche è amorevole custode dei bei ricordi, ma si comporta da intransigente governante con quelli brutti. Li modifica, li deforma, talvolta arriva addirittura a farli a pezzi per procurarci meno dolore. Nel farlo, non differenzia memorie belle e brutte, bensì getta tutto nel tritacarne, senza pensare. Conservare una lettera d’addio e mantenere altri rituali, cui eravamo legati quando ci trovavamo in compagnia di chi ci ha abbandonato, oppure è passato a miglior vita, ci aiuta a tenerne vivo il bel ricordo.
La lettera d’addio
I possibili tipi di lettera d’addio sono due; entrambi dolorosi per chi li riceve. Il primo è quello di un amante che se ne va e motiva nella missiva la sua decisione. Oltre a far questo, probabilmente, ringrazierà per i bei momenti trascorsi insieme, le esperienze condivise, gli istanti di intimità e, magari, ricorderà l’emozione della nascita dei figli, qualora ve ne siano stati. La seconda tipologia è ancor più tremenda. Riguarda le lettere scritte da malati terminali prima di andarsene, o da anziani che sentono vicina la fine. Non per tutti la morte è tabù. Anzi, c’è chi riesce ad avere la lucidità di lasciare qualcosa ai posteri, prima di andarsene. Comportandosi in questa maniera, si invia un messaggio concreto, nonché estremamente commuovente, a parenti e conoscenti.
L’importanza del pianto
La reazione a una lettera d’addio scritta da un caro che si appresti a passare a miglior vita potrebbe essere un pianto a dirotto. Il cosiddetto pianto liberatorio è una vera e propria manna per l’organismo, grazie al quale possiamo liberarci di ansia, stress e scaricare ogni energia legata alle emozioni negative. La società si aspetta che il dolore provato resti sempre composto e rispettabile, anche durante un funerale. Nonostante questa aspettativa sia piuttosto insensata, molti temono che mostrarsi in pubblico mentre piangono a dirotto sia fuori luogo. Il pianto è ritenuto da deboli. Dati questi antefatti, poter avere un momento nel quale raccogliersi nell’intimità, come può essere quello dedicato alla lettura della lettera d’addio di chi se ne è andato, senza preoccuparsi di piangere, è un toccasana.
Il pianto emozionale permette all’organismo di recuperare rapidamente l’energia che ha perso a causa di una forte tensione e ristabilire così l’equilibrio smarrito. Quando si piange si produce encefalina, un potente anestetico capace di rilassare i muscoli e distendere tutto il corpo.
L’elaborazione del lutto e la potenza di una lettera d’addio
Abbiamo vissuto un periodo, quello del lockdown, nel quale abbiamo capito molto bene quanto sia importante poter elaborare il lutto. La sofferenza di non poter stare accanto ai propri cari durante il ricovero, e nei loro momenti finali, è stata drammatica. Non solo. Le rigide misure in vigore durante il primo periodo pandemico hanno anche privato i familiari della possibilità di poter prendere parte al rituale funebre, accompagnando il defunto a miglior vita assieme alla comunità nella quale esso viveva. Stando così le cose, se i malati avessero potuto scrivere una lettera d’addio ai loro cari prima di lasciarli, sarebbero riusciti a lenire considerevolmente il loro dolore.
Numerosi personaggi celebri hanno scritto lettere d’addio emozionanti, che sono divenute parte della storia della letteratura. Particolarmente celebri sono quelle di Kurt Cobain e Virginia Woolf. Entrambi si tolsero la vita dopo aver salutato i loro cari e lasciato loro un messaggio d’amore nel quale motivavano la loro scelta. A 30 anni dalla morte del frontman dei Nirvana, e oltre 80 da quella della celebre scrittrice, le loro missive sono ancora a disposizione di familiari, eredi, e chiunque voglia approfondire la loro triste fine. Perché una lettera d’addio vince la battaglia con il tempo e resta, immortale, disponibile alla lettura. Ciò aiuta i congiunti a elaborare meglio il lutto nel tempo, mantenendo vivo il legame con chi se n’è andato.
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