Vaso di Pandora

Trenodie del Novecento

PREMESSA: Perché pubblicare uno scritto che non pare avere nulla con la terapia e la psicologia?

Semplicemente perché è il prodotto di un giovane studioso appassionato.
E ritengo che la passione ben indirizzata “salvi il giovane dallo stress e…”.

Giovanni Giusto

Da dröhnten die Pauken über / Den nächtlichen Himmel. Da fielen / Phosphor, Thermit. / Da blieb nicht viel von der Stadt. / Da floß nicht Wein / Auf Europas Terrasse1.
Con questi versi il poeta Heinz Chechowski2, allora bambino di dieci anni, rievoca il micidiale bombardamento inglese di Dresda, che avvenne fra la notte di martedì 13 e mercoledì 14 febbraio 1945. Il numero dei morti fu immane3 ma tragica fu anche la perdita delle opere artistiche, in particolare la Fraunkirche (ricostruita dopo sessant’anni e consacrata nel 2005) e l’Opera di Stato, la Semperoper, (riedificata fra il 1977 e il 1985 dal governo della Repubblica Democratica Tedesca).
Anche la musica partecipò al dolore provocato dal folle obnubilamento della mente umana; vogliamo infatti presentare brevemente due composizioni di straordinaria grandezza che da un lato cantano entrambe la tragedia della distruzione, ma dall’altro si collocano su due poli opposti sia per ragioni compositive sia per ragioni, potremmo dire, ideologiche.

La prima opera è una pagina per coro a cappella, Wie liegt die Stadt so würst (Come sta solitaria la città), composta da Rudolf Mauersberger4 (Mauersberger, martedì 29 gennaio 1889 – Dresden, lunedì 22 febbraio 1971) il 30 marzo 1945 (così indica l’autografo) ed eseguita durante i tradizionali vespri del sabato il 4 agosto 1945 presso ciò che era rimasto della Kreuzkirche.
Dal 1930 fino alla sua morte Mauersberger fu Kreuzkantor della Kreuzkirche di Dresda, ossia maestro di cappella ed organizzatore della vita artistica della principale chiesa della città sassone. Fu tesserato del Partito nazista (le motivazioni non sono chiare), ma ciò non incise sulla sua vita artistica e lavorativa, anzi difese con forza il carattere religioso e cristiano del suo coro ed impedì che i ragazzi del Dresden Kreuzchor venissero integrati nella Gioventù hitleriana.
Assistette in prima persona al bombardamento della RAF, perdendo undici dei suoi giovanissimi cantori e dinanzi allo squallore ed alla desolazione della morte non poté far altro che comporre questo straordinario Trauermottette.
Wie liegt die Stadt so würst (RMWV 4/1 – Zyklus Dresden) è musicalmente una composizione di grande raffinatezza e lancinante bellezza, ove continuo è lo slittamento armonico dato da cromatismi o dissonanze, forse proprio espressione dello spaesamento esteriore ed ancor più interiore vissuto dall’autore. Colpisce però anche la parte letteraria e l’uso che Mauersberger ne fa: il testo è tratto dalle Lamentationes nella versione della cosiddetta Bibbia di Lutero, la traduzione tedesca delle Scritture compiuta dal padre del protestantesimo fra il 1522 ed il 1534.
Le Lamentationes sono un libro della Bibbia contenente cinque elegie funebri attribuite dalla tradizione al profeta Geremia, ma che l’esegesi ormai assegna a più autori e ad un periodo leggermente più tardo rispetto al profeta. Le cinque elegie esprimono la desolazione del Popolo d’Israele dinanzi alle sciagure compiute dal re babilonese Nabucodonosor ed in particolare la distruzione della Città Santa, Gerusalemme, nel 586 a.C.
Il Kreuzkantor non segue però strettamente il testo biblico, ma sceglie attentamente i versi riunendoli poi assieme; il risultato è in parte una mutazione del significato originario, infatti Mauersberger non vuole confessare i peccati del suo popolo, non vuole e non può penetrare nell’agire del suo Signore e non vuole neppure rinnegare il proprio legame con Dio. Egli canta “semplicemente” il dolore della sua città e la propria sofferenza ed angoscia per la sconsolante devastazione, invocando lo sguardo misericordioso del Padre: Bringe uns, Herr, wieder zu dir, / daß wir wieder heimkommen! / Erneue unsere Tage wie vor alters5. / Herr, siehe an meine Elend6! (Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo; rinnova i nostri giorni come in antico. Guarda, Signore, la mia miseria!7).
La seconda composizione di cui vogliamo trattare sono le Metamorphosen di Richard Strauss8 (München, sabato 11 giugno 1864 – Garmisch-Partenkirchen, giovedì 8 settembre 1949), del quale quest’anno fra l’altro ricorre il 150° anniversario della nascita.
Strauss all’interno del panorama musicale e culturale del ‘900 fu il compositore che in vita raggiunse il maggior successo, ma anche la cruda miseria. Egli era un ottimista con forti radici nella grande tradizione tedesca (Goethe, Schiller, Schopenhauer, Nietzsche…) e contemporaneamente aveva gli occhi rivolti verso il domani, certo che la sua arte sarebbe continuata. Questo atteggiamento, che in apparenza poteva sembrare quello di un cinico borghese (si pensi alla durezza dei giudizi di Adorno9 o alla critica velata e puntuta di Thomas Mann nel Doctor Faustus per bocca del protagonista, il compositore Adrian Leverkühn), era invece quello di un uomo che guardava il mondo senza illusioni. Il suo modo di destreggiarsi lo portò durante il III Reich a scendere a patti (alcuni evitabili!) col nazismo che tuttavia furono per lui causa più di umiliazioni che favori; agì non tanto per proprio beneficio, ma perché credeva fermamente nella forza scaturente dalla musica e nella superiorità della cultura, in particolare germanofona, rispetto alla barbarie che lo attorniava.
Ma la catastrofe si abbatté anche sul compositore bavarese e la distruzione di tutti quei simboli, fondamento della cultura tedesca, segnò per Strauss la fine del suo mondo, quel mondo che Stefan Zweig, grande scrittore e librettista dello stesso Strauss, chiamo die Welt Gestern (il Mondo di ieri).
L’abbozzo della composizione dovrebbe risalire all’ottobre 1943, dopo che la sua città natale venne bombardata. La scintilla che diede fuoco al genio creativo dell’ottantunenne Strauss fu sì la richiesta del direttore svizzero Paul Sacher e del suo Collegium Musicum di Zurigo (dedicatari e primi esecutori dell’opera sabato 25 gennaio 1946 alla Tonhalle di Zurigo), ma ancora di più la notizia della distruzione dei teatri da lui più amati, ossia quello di Dresda10 (13-14 febbraio 1945) e quello di Vienna11 (12 marzo 1945). Come ci rivela invero Mario Bortolotto nella sua dotta biografia, “fra il generale silenzio, anche dei familiari, nascevano intanto, nelle ultime settimane di guerra le Metamorphosen: l’8 marzo 1945 la Particell era compiuta, il 12 aprile la partitura.”12.
Le Metamorphosen, studio per 23 archi solisti, sono “il compianto su tutto il parento”13, ove tutta la tradizione musicale tedesca (barocco, classicismo e romanticismo) si uniscono per cantare il proprio requiem. La partitura è sin dal principio priva di qualsiasi riferimento tonale, dando alla composizione un senso di straniamento. Riconoscibile è la citazione della Marcia funebre della Terza Sinfonia di Beethoven o perfino del wagneriano Tristan und Isolde, in particolare del motivo del dolore di re Marke dinanzi al tradimento di Tristan con Isolde (F. Serpa).
Le Metamorphosen sono in conclusione una straziante e incessante mutazione di un materiale tematico “grigio” “con brevissimi spiragli in cui si insinuano struggenti reminiscenze di accecante serenità: per esempio, dal Rosenkavalier”14.
Le rovine della II Guerra mondiale fortunatamente non ci privarono dell’ “oro del tramonto” (Q. Principe) di Richard Strauss, si pensi soltanto alla sconvolgente bellezza dei Vier Letzte Lieder, op. 150, ma la musica dell’ottuagenario Strauss non è più quella di prima, essa è pervasa ormai da una caproniana “disperazione calma”.
Leopold Stokowski, uno dei maggiori direttori del XX secolo, ebbe a dire che il pittore dipinge su tela, i musicisti invece dipingono sul silenzio. Di certo attorniati da un lacerante ed assordante silenzio sia Mauersberger sia Strauss, con colori e con pennellate differenti, dipinsero ciascuno il proprio monumentum aere perennius.

Note

1 Lì tuonavano i timpani sul / Cielo notturno. Lì caddero / Fosforo e termite. / Lì poco rimase della città. / Lì non scorreva vino / Sulla terrazza d’Europa. I versi sono tratti dalla poesia Auf eine im Feuer Versunkene Stadt (Sulla città sprofondata in fiamme) in Il tempo è immobile – Heinz Czechowski, poesie scelte a cura e traduzione di Paola Del Zoppo, Del Vecchio editore 2012.
2 Heinz Czechowski (Dresden, giovedì 7 febbraio 1935 – Frankfurt am Mein, mercoledì 21 ottobre 2009), poeta e drammaturgo. È stato uno dei principali autori del “Gruppo di Dresda”, la sua poesia è soprattutto una cronaca, una narrazione storica del XX secolo.
3 La commissione storica nominata dalla città sassone ha stimato un numero di morti compreso tra le 25.000 e le 35.000 persone, www.dresden.de/media/pdf/infoblaetter/Historikerkommision_Dresden1945_Abschlussbericht_V1_14a.pdf
4 M. Herrmann, Kreuzkantor zu Dresden. Rudolf Mauersberger, Bd1 der Schriften des Mauersberger-Museums, Mauerberger 2004.
5 Lam. V, 21.
6 Lam. I, 9.
7 Traduzione tratta da La Sacra Bibbia, edizione ufficale CEI, UECI 1974.
8 La bibliografia su questo mammasantissima della Musica è assai ampia, indichiamo solamente due opere che riteniamo essere di primaria importanza: Q. Principe, Strauss. La musica nello specchio di Eros, Tascabili Bompiani 2004 (d’ora in poi Principe); M. Bortolotto, La serpe in seno. Sulla musica di Richard Strauss, Adelphi 2007 (d’ora in poi Bortolotto).
9 Cfr. T.W. Adorno, Immagini dialettiche. Scritti musicali 1955 – 1965I, a cura di G. Borio, Einaudi 2004, p. 93 – 132
10 Così scriveva il compositore al suo amico e librettista Joseph Gregor il 2 marzo 1945: Sono di un umore disperato!La casa di Goethe, il più sacro santuario del mondo, distrutta! La mia bella Dresda, Weimar, Monaco, tutto distrutto![…] in N. Del Mar, Richard Strauss, Faber&Faber, 3 voll., London-Boston 1972, voll. III, p. 425.
11 Lettera del 27 aprile 1945 a Karl Böhm, uno dei più grandi direttori straussiani del ‘900, all’epoca direttore della Wiener Staatsoper: Caro amico, è stato commovente da parte Sua pensare subito a me dopo la terribile catastrofe di Vienna. Può ben immaginare il mio dolore! […] in R. Strauss, Note di passaggio. Riflessioni e ricordi, edizione italiana a cura di S. Sablich, EDT 1991, p. 163.
12 Bortolotto, p. 325.
13 Bortolotto, p. 327.
14 Principe, p. 925.

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Commenti su "Trenodie del Novecento"

  1. Articolo molto interessante, complimenti all’autore. Il bombardamento di Dresda rimane uno degli episodi più dolorosi della seconda guerra mondiale. L’ascolto dei due brani, di grande bellezza, ci può aiutare a riflettere un attimo sulla recente storia dell’Europa la cui Unione attuale è tanto bistrattata. Segnalo che entrambi i brani sono disponibili in forma completa su you tube e che alcune delle edizioni proposte sono accompagnate da immagini del bombardamento.
    Lino Ciancaglini

    Rispondi
  2. Federico Ferrari mi ha fato conoscere due opere musicali ispirate al bombardamento di Dresda. Non si tratta di semplici brani descrittivi,
    ma rievocativi, al punto che uno -ascoltandoli- si sente personalmente e attualmente coinvolto nella tragedia. Il coro a cappella di Mauersberger mi ricorda molto da vicino la forza espressiva del “Super flumina” del Palestrina.
    Il commento di F. Ferrari mi ha dato una buonissima chiave di lettura e di ascolto. Ferrari appare musicista e storico intelligente e sensibile, vigoroso e vivace nell’esposizione. Gianni Damele

    Rispondi

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