Lucio Russo parla con rammarico del dilagante modo di esprimersi con un linguaggio “isolato dagli affetti e dalle passioni del corpo, immiserito dall’uso massiccio di internet, dei telefonini, di parole alla moda copiate e ripetute…”. Si tratta certo di comunicazioni brevi, schematiche, utilizzanti un gergo semplificatorio, non dialoganti perché difficilmente vanno oltre due o tre risposte; il loro stile tende ad essere importato anche negli incontri faccia a faccia e, dice Russo, anche nel rapporto psicoanalitico. Inevitabile il disagio dell’analista a confronto con una comunicazione poco atta alla ricerca di un senso, alla costruzione di una narrazione e di una storia (anche se va tenuto presente il rischio di porsi come laudatores temporis acti).
Il conflitto va, credo, al di là dell’ambito della seduta: la psicoanalisi che, come sperava Freud, è “penetrata come fermento significativo nello sviluppo civile aiutandoci ad approfondire la nostra concezione del mondo” si ritrova a confrontarsi con modalità verbali ostili a un approfondimento riflessivo e critico, a un chiarimento, a un maturare della possibilità di rappresentarsi. La parola è fondamentale: non dimentichiamo che la psicoanalisi è (anche) verbalizzazione dell’inespresso, e inoltre che il messaggio di Freud è passato anche grazie alla chiarezza, la trasparenza e la logica del suo periodare, che fra l’altro gli garantisce un posto nella grande letteratura tedesca.
Ma il rapporto psicoanalitico è anche una relazione d’amore sui generis, protratta e impegnativa. Può essere più difficile il suo inserirsi in un contesto dominato da una crescente precarietà e sommarietà dei rapporti personali, da un crescere di quella dimensione di caducità cui Freud aveva dedicato pagine importanti?
Ma allora forse, paradossalmente, l’esigenza di uno sguardo psicoanalitico cresce proprio mentre diventa più difficile metterlo in atto. Inoltre, proprio le nuove modalità di comunicazione potrebbero offrire nuovi campi alla riflessione psicoanalitica. Ad esempio, si possono scrivere nuove pagine sulla psicologia dei gruppi e delle masse, alla luce di quanto accade nelle interazioni via Web.
quella che è l’esperienza psicanalitica, di essenziale importanza per chi la ha sviluppata, viene troppo spesso ignorata e iridicolizzata nel caso che si verifichi la necessita’ di un ricovero nell’ospedale psichiatrico che troppo spesso mira a sedare il paziente senza tener conto delle soggettive reazioni ai farmaci e non ricerca nemmeno superficialmente le cause del ricovero, relegando il tutto alla diagnosi, anche quando questa risale a decine di anni prima. I pazienti che invece si impegnano nel cercare di capire, si trovano privati di un’alternativa a tale trattamento. Qui in Versilia , la situazione è questa. Chi non ha la possibilita’ di rivolgrsi privatamente ad uno psicanalista,è solo. ciononostante la psicanalisi individuale non è cmq sufficiente a risolvere il problema di un tipo di inserimento atto a permettergli una vita dignitosa.