Vaso di Pandora

Qualche pensiero sulle angosce da Coronavirus

Se si potesse eliminare il corona virus con le parole la pandemia sarebbe finita. Nominare un’entità ignota crea l’illusione di poterla controllare. Controllare i terrori che il virus evoca: angosce di annichilimento, angosce depressive, angosce schizo-paranoidi che in variabile misura, toccano tutti.

L’angoscia di annichilimento.

Al fondo della nostra esistenza serpeggia il terrore di sparire non solo come individui ma come specie. La pandemia colpendo l’intera umanità evoca lo spettro della fine dell’Homo Sapiens anche se razionalmente sappiamo che il virus non ci eliminerà. Dal punto di vista evoluzionistico i virus hanno bisogno di DNA e non traggono vantaggi dalla scomparsa degli organismi che li ospitano. Il virus come il leone nella savana elimina i soggetti più deboli, i malati, gli anziani. Per la crudele legge di Darwin la specie umana è rinforzata dal COVID, sarebbe piaciuto molto ad Hitler. I più forti ce la faranno, la specie migliorerà e il gregge sopravvissuto sarà immune e anche più ricco, dato il drastico taglio di anziani e malati. Esponente eminente della corrente “lasciategli fare il suo sporco lavoro”: Boris Johnson prima di contagiarsi. Poi la stretta convivenza con il virus gli ha fatto cambiare idea.

L’angoscia depressiva.

Pensavamo di essere onnipotenti e invece il più piccolo degli esseri viventi, anzi semi viventi, il micro-zombie, ci ridimensiona, ci condiziona, limita la nostra esistenza, cambia le nostre abitudini. Svela che coloro che abbiamo eletto a governarci sono come noi: impotenti, incapaci, ignoranti. Macron con la festa dei puffi e l’inutile primo turno delle votazioni francesi ha guadagnato la palma d’oro di questa corrente. Ma la lista dei governanti che lo segue è lunga a partire dalle autorità di Wuhan che inizialmente hanno nascosto il virus sotto il tappeto, per arrivare a tutti i quei paesi, in prima linea l’Italia, che non hanno applicato le linee guida previste contro le pandemie. Le responsabilità dei nostri governanti sono ovviamente anche le nostre che li abbiamo eletti: la diffusione del virus dipende anche dai nostri comportamenti in cabina elettorale e fuori. La colpa può essere utile se la ripariamo con comportamenti adatti a non diffondere ulteriormente il contagio e se ci spinge a sviluppare nuove forme creative di comunicazione e di convivenza sociale.

L’angoscia schizo-paranoide.

Questa è l’angoscia più pericolosa e preoccupante. Implica un’incapacità a riconoscere i propri limiti, un’inabilità a sostenere l’impotenza, un’insufficienza a fronteggiare le proprie responsabilità. Questa angoscia spacca in due la realtà: buona e cattiva. Nel mondo cattivo è collocata la propria distruttività, la colpa, le mancanze. Nel mondo buono è proiettata la propria onnipotenza e la propria salvifica bontà che eliminerà i cattivi. In piccola misura tutti usiamo queste difese primitive ma c’è chi le usa quasi sempre. Sono persone che purtroppo vivono pieni di paure in un mondo delirante sentito come minaccioso aggrappandosi all’onnipotenza dell’uomo forte di turno, spesso una caricatura che non aspetta altro che calcare la scena. In questo periodo l’isolamento, le angosce di morte, di annientamento, il rischio concreto di perdere il lavoro, lo spettro della miseria e della fame incrementano il numero di persone che utilizzano le difese schizo-paranoidee. Le affermazioni di certi populisti sembrano mirate a innescare deliberatamente queste angosce, per non perdere il consenso elettorale, anzi se possibile per estenderlo. Ma in queste condizioni particolari si rischia di generare psicosi di massa. Donald Trump è l’esponente esemplificativo che incarna e cavalca questa irresponsabile corrente. Mentre in Cina ed in Italia il virus provocava migliaia di morti il presidente americano negava la realtà ripetendo per più di un mese che il Covid era meno dannoso di un’influenza. Così non ha applicato nessuna misura per contenere il contagio e gli Stati Uniti sono balzati al primo posto nel mondo per numero di contagi e morti. Lo slogan “American first” ha assunto tinte funebri. Quando ha finalmente ammesso che il Covid19 è dannatamente pericoloso invece di assumersi la responsabilità delle migliaia di morti che avrebbe potuto e dovuto evitare ha iniziato a lanciare le proprie colpe sugli altri, sulla Cina che non ha subito comunicato la pericolosità del virus, sull’OMS che ha tentennato a dichiarare lo stato di pandemia. Poi il presidente americano ha alzato il tiro ed è arrivato a rilanciare l’idea, precedentemente smentita dai principali scienziati del mondo ad eccezione del Nobel decaduto Luc Montagnier, che il virus sia stato prodotto in laboratorio dagli scienziati cinesi, sfuggendo per sbaglio al loro controllo. Quindi la Cina dovrebbe pagare il conto attraverso sanzioni economiche. Ecco trovato il colpevole, ecco il sostegno pseudo scientifico, ecco la punizione per la colpa. Così si alimenta il fuoco insidioso delle fake news e delle teorie complottistiche che girano online sollevando un polverone mediatico per mimetizzare migliaia di morti evitabili e presentarsi come l’onnipotente salvatore che libera il mondo dal male. Si solletica il ventre di milioni di potenziali elettori che mai come ora hanno bisogno di certezze di fronte all’angosciante ignoto suscitato dalla pandemia.

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Commenti su "Qualche pensiero sulle angosce da Coronavirus"

  1. Condivido del tutto il pensiero di Maurizio che ci stimola a riflettere sul nostro modo di stare al mondo e ci evidenzia il rischio di utilizzare modalità del pensare di tipo schizoparanoide per non riflettere ,prima di tutto su noi stessi, cercando sempre un nemico fuori di noi ,più ancora che il virus,gli altri , i nemici di turno,gli untori.
    In realtà dovremmo rivedere non poche delle modalità del nostro vivere,facendo esperienza di quanto stiamo vivendo. Tuttavia,come ricordavo nel mio lavoro,la memoria degli uomini è sorprendentemente portata a negare,il Deni di Racamier, e così riprendere a vivere in modo omeostatico…..finché potrà ancora funzionare e così altre pandemie ,anche mentali, torneranno a colpirci con il rischio di trovarci ancora impreparati. Come rivitalizzare il nostro sistema sanitario che ha evidenziato la gravità del suo funzionamento perché per due decenni si è mortificata la bella riforma sanitaria del 79, perché si sono mortificati e dequalificati i servizi territoriali con medici di base sempre meno medici di famiglia.Ho conosciuto ben pochi amministratori della sanità validi in questi anni ma è pur vero che anche noi medici ci siamo accodati spesso è troppo facilmente ai carrozzoni di turno.
    E i sevizi di salute mentale come stanno funzionando,come curano,come garantiscono gli interventi di cura necessari,non solo ambulatoriali ma anche domiciliari..da anni trascurati? Spero che questo spazio dialogico,promosso da Gianni Giusto, ospiti finalmente anche loro interventi, interventi progettuali e non annichiliti dal Virus e dalla angoscia che non permette la salvaguardia del pensiero ,appunto riflessivo e progettuale. Una psichiatria umanistica potrà rinascere o sarà destinata ad appiattirsi ancor più ?

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  2. «Non si può ripetere il passato? Ma certo che si può!». Purtroppo!
    Temo davvero che il passato possa essere replicato. Eccome! Viviamo intrappolati in quel che è stato e nel suo ricordo e siamo convinti che la storia ripartirà dal punto in cui era stata interrotta qualche mese prima. E facciamo di tutto per non smentirci. Perché la “luce” è appena fuori dal portone di casa. Una lucina seppure smorzata è ancora piena di promesse e aspettative, ma anche di imbrogli e di illusioni. Basta mettere il naso al di là della soglia condominiale o delle seconde e terze case per afferrarla la luce e per riportare il tempo indietro.
    La morte pandemica ci ha illusi per un momento che fosse la fine di un modo di pensare e di un modo di vivere che si sgretola di fronte all’instabilità della presenza e alla sua caducità. Per un momento abbiamo avuto l’impressione che il futuro ebbro e travolgente si stesse dileguando davanti ai nostri occhi. Ma si è trattato soltanto di un fugace cedimento. – Non importa: domani andremo più in fretta, allungheremo di più le braccia… e una bella mattina…- Eccoci di nuovo al punto di prima. Lettura illuminante e sempre profetica “Il Grande Gatsby”. Di questi tempi giova rispolverarla non certo per ricavare le procedure e i protocolli necessari per affrontare efficacemente i contagi biologici da una certa antropologia umana o da una certa sua costituente morale. Tuttavia, non trovo esattamente fuori luogo, né così bislacco ricondurre il tema della pandemia anche ad una questione di violazione dei diritti.
    Vale a dire che non basterà temo “esorcizzare” questa pandemia con i vaccini e le altre benemerite medicine che appronteremo nel frattempo. Bisognerà ricercare prima di tutto il senso di questa sofferenza: dove ci condurrà? Non fosse altro che per evitarla nel futuro. Insomma, se non vogliamo che questo male riappaia nelle sembianze dell’ennesimo virus del genere “corona”, eventualmente, non possiamo limitarci ad eliminare semplicemente la sintomatologia che provoca nelle persone, o a reagire agli sfracelli che induce nell’economia, ma dobbiamo eliminare alla radice tutte quelle condizioni che ne hanno favorito la comparsa e la diffusione. Qui non si tratta di imparare dal virus. Semmai è il virus che fa istanza a noi. È il virus che – chiede al soggetto -. E allora analizziamo la domanda e state pur certi che alla fine il ricordo di quanto accaduto si ridurrà soltanto a questioni puramente di – economia e di finanziamento del debito pubblico -. Insomma, la tragica esperienza della pandemia risulterà sostanzialmente poco formativa e finirà invece per trasmettersi unicamente attraverso – i soliti canali di trasmissione del denaro, dove l’unico sapere che viene accumulato è soltanto quello che fa riferimento alla conoscenza dei mezzi di pagamento/conoscenza dei mezzi di investimento -. Insomma, quando trattiamo di questa pandemia, stiamo sicuramente discutendo anche e soprattutto forse di grandi riconfigurazioni geopolitiche sebbene non sappiamo esattamente quando avverranno; ma ci conforta sapere almeno che comunque si verificheranno perché sono inevitabili. Al di là delle meschinità individuali e/o nazionali odierne. E nonostante la precarietà di certi sistemi sanitari nazionali. È solo che i presenti non faremo in tempo a vederle. Allora, coraggio! L’opera collettiva dell’evoluzione non è conclusa. Rimane ancora molto da fare.

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  3. Osservazioni interessanti e per la maggior parte condivisibili. E tuttavia, allarma ma non sorprende che non ci sia nemmeno una parola dedicata ai cosiddetti mezzi d’informazione e a quello che Chomsky e Herman hanno chiamato, La fabbrica del consenso. Sono passati alcuni decenni da allora ma ancora ci ostiniamo a credere di vivere in una società democratica e di essere cittadini ben informati. Quando, come sempre Chomsky scrive,
    “Il principio di base, raramente violato, è che ciò che è in conflitto con i requisiti di potere e privilegio non esiste.”
    Chomsky, “Deterring Democracy”, Hill and Wang, 1992, p.79

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  4. Non ho ben capito se il sig. Zamparini si riferisce al fatto che nel caso della pandemia in corso ci sia stata poca informazione e/o distorta. Tuttavia, condivido la sua preoccupazione. “L’informazione” è uno di quegli aspetti fondamentali perché “l’opera collettiva dell’evoluzione” sia portata a buon fine. Anche quella che facciamo qui è “informazione”, a ben pensarci, per chi almeno ha la bontà di leggerci. E ognuno si prende (spero) la responsabilità di ciò che scrive. E ognuno sente la responsabilità verso ogni potenziale lettore. Per esempio, secondo me, fare corretta informazione significa offrire al confronto tra le parti diversi punti di vista che hanno però una caratteristica comune: tutte le idee portate al dibattito si svolgono lungo un continuum che va dall’aspetto più “astratto” (teorico/teoretico) a quelllo più concreto (pratico/pragmatico) del problema dibattuto. Allora, secondo me, si illude chi ad esempio, liquida l’aspetto teorico della questione tacciandola di mera “disquisizione pseudo-intellettuale” perché dimentica che dietro una “cattiva pratica” c’è tante volte una “cattiva teoria” (o visione del mondo) che la guida. Se non prendiamo coscienza in fretta di questo semplice assunto temo che non rendiamo un buon servigio all’informazione, nè alla buona pratica, nè alla “verità”, eventualmente.

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