Vaso di Pandora

Effetto Festival di Sanremo: perché le canzoni ci restano in testa

In una settimana particolare come quella del Festival di Sanremo, durante la quale siamo continuamente bombardati da canzoni dei generi più svariati, spesso può capitare che alcuni brani ci restino in testa più di altri. Ma qual è il meccanismo del tormentone? Perché alcune canzoni ci entrano nel cervello e sembrano non andare più via? Il motivo risiede in specifiche dinamiche psicologiche: vediamo quali.

Earworm: il “verme dell’orecchio”

Il meccanismo secondo il quale una canzone entra in testa viene definito “earworm” (“verme dell’orecchio”, quello che in italiano definiremmo “tarlo”), conosciuto anche come MIR (Musical Imagery Repetition), ovvero una ripetizione continua e involontaria di “immagini musicali” che si susseguono nella mente.

Solitamente, in una settimana tipo, più del 90% delle persone si ritrovano ad avere in testa una canzone (o una parte di essa) in maniera continuativa. Il fenomeno è più diffuso tra le donne e capita con maggiore frequenza durante l’età adulta. Secondo Elizabeth Hellmuth Margulis, responsabile del Music Cognition Lab dell’Università di Princeton, “a restare impressi, in genere, sono i frammenti di un brano, non un intero pezzo”. Si tratta del cosiddetto “effetto Zeigarnik“, così chiamato in onore della psicologa lituana Bluma Zeigarnik, a cui se ne deve la scoperta.

E se il brano in questione non è gradito o risulta eccessivamente martellante? Come liberarsene?

Chiodo scaccia chiodo

Vale la regola del classico “chiodo scaccia chiodo”: può essere utile trovare una canzone “di riserva”, da ascoltare possibilmente per intero. Può trattarsi dello stesso brano o di un brano diverso, purché venga ascoltato nella sua interezza. Una possibile alternativa può essere rappresentata dal concentrarsi su una specifica attività che richieda l’uso del pensiero (lettura, cruciverba etc.) o, ancora, si può ricorrere alla masticazione di un chewing-gum.

I tarli musicali come allenamento della memoria

Come esplicato dal neuroscienziato e studioso Benjamin Kubit, “di solito pensiamo ai tarli come a un fastidio, in realtà si tratta di una forma di consolidamento mnemonico che aiuta a preservare le esperienze più o meno recenti”. Ecco, quindi, che le canzoni “tarlo” si configurano come uno strumento utile per preservare i ricordi nella nostra memoria, sia a breve che a lungo termine.

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