Una D – La mia vita in 2D Maria Teresa Sansone – Identita’

Due volumi scritti ed interpretati da due ospiti della Comunità Terapeutica di Montezemolo.
Diversi…
Due volumi scritti ed interpretati da due ospiti della Comunità Terapeutica di Montezemolo.
Diversi…
Regalare un libro ad un’altra persona, per me, è una cosa estremamente difficile da fare.
Sarà per questo che non ne ho regalato moltissimi, anzi, meglio dire, ho regalato più volte dei libri, ma a poche persone.
paventosa figura femminile del racconto rimanda alle fiabe di un tempo e compare, come per caso, alla vista del quindicenne che si trova insieme al padre malato in un Grand Hotel di una città termale dei Vosgi.
Lo sfondo di questa storia di adolescenti è la periferia parigina con i suoi grandi, freddi palazzi e gli sterili spazi verdi. Il paesaggio è quasi unico spettatore, compaiono pochissimi adulti e non sempre sono individui rassicuranti. La madre di uno dei protagonisti, Abdelkrim chiamato Krimo la vediamo in un paio di brevi scene: in una stira, in un’altra dorme sul divano davanti al televisore logorata forse da una giornata di lavoro. Non sembra avere molta influenza sul figlio; il padre è in carcere così come altri padri della zona, di cui si fa appena cenno.
L’uomo e la donna visti nel film si incontrano tramite un’inserzione su una rivista pornografica per vivere una “relazione privata”, fare qualcosa di indicibile – questo forse può riportarci a quello di più profondo, tormentante e indicibile che i protagonisti nascondono dentro di loro – e nessuno dei due rivelerà cosa, durante tutta la storia strutturata a tratti come un’intervista.
Mi piacciono i libri di Ammaniti. Li ho letti tutti.
Mi piace il suo modo crudo ed ironico di descrivere la tragedia umana, la realtà dei miseri e la difficoltà di relazione degli anni 2000.
La malattia di Daniele si chiama salvezza. Quella che desidera per i suoi genitori, per tutti i genitori, per i suoi fratelli, per tutti i fratelli. E per se stesso, la implora. Daniele non tollera la sofferenza, è qualcosa che per lui non ha senso, non vuole nemmeno sentirne parlare. Lo angoscia. Usa droghe Daniele, per non sentire tutto quel dolore. E si scatena la rabbia.
isa…o meglio la donna di Gilles – ché non sembra avere una propria individualità esistendo in funzione dell’esistere di lui – pare vivere per tutta la storia una dimensione di solitudine e di vuoto; vuoto espresso dai dialoghi assai scarni della coppia, scandito dalla preparazione dei pasti, dall’occuparsi delle gemelle, dai lavori domestici; attraverso l’inesorabile trascorrere e ripetersi delle stagioni all’interno di una natura che, per mezzo dei colori esprime un senso che, forse a lei è negato.
Cibo come veicolo di erotizzazione, orgia dei sensi a cui partecipa ogni sera il protagonista maschile della storia Joy Hilditch, ma anche cibo come strumento di violenza invasiva, di fusione con l’altro, di sofferenza e di morte.
Ho rivisto “La mia Africa” dopo essere stata in Africa più volte.
L’opinione del film è cambiata anche per una questione di età. La mia.